Note contro il dolore
Contro il dolore cronico i metodi “complementari” ai trattamenti farmacologici sono in realtà essenziali, perché l’ambito delle reazioni cerebrali, emotive e psicologico-sociali riveste un’importanza primaria.
Contro il dolore cronico i metodi “complementari” ai trattamenti farmacologici sono in realtà essenziali, perché l'ambito delle reazioni cerebrali, emotive e psicologico-sociali riveste un’importanza primaria. Tra queste, spunta la musica, e non a caso, per il suo ruolo di accompagnamento nel nostro vissuto. Con tanto di sperimentazione, annunciata nei giorni scorsi a Pavia, al Decimo Congresso della Società Italiana di Riabilitazione in Alta Specialità, consacrato per definizione a un approccio “olistico”, tra “l’innovazione e la multidisciplinarietà”.
Il protagonista è in questo un ricercatore e musicoterapeuta, Alfredo Raglio, il tema prioritario è la fibromialgia, e il “genere musicale” è battezzato “Melomics Health”, una linea melodica semplificata senza supporto armonico. L’obiettivo è quello di attivare, nelle parole dello studioso, “effetti de-attivanti, determinando una condizione di rilassamento e distrazione che contrasti con lo stress a cui i pazienti con dolore persistente sono costantemente sottoposti”. Il progetto è in realtà italo-spagnolo, con la collaborazione “algebrica” di uno scienziato dell’Università di Malaga, Francisco J. Vico, professore di Intelligenza Artificiale. “Lui ha messo a punto l'algoritmo, io l'ho adattato per calarlo in un contesto di terapia con la musica”, spiega Raglio.
La sperimentazione, al via nei prossimi mesi, dovrebbe coinvolgere una sessantina di pazienti, suddivisi in tre gruppi di ricerca: “Un gruppo seguirà la terapia tradizionale che si prescrive nel trattamento della fibromialgia, un altro ascolterà musica sulla base di scelte personali e soggettive, un altro ancora quella creata dall'algoritmo”. Il dolore è un problema serio, lo sono anche i supporti complementari, laddove trovano una seria base scientifica. Il potenziale c’è, ed è dimostrato anche dalla recente ricerca americana.
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