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Progetto Obiettivo Zero Dolore

Ma quali “palliativi”.Chi soffre di meno guarisce di più.


“Nonostante i cambiamenti legislativi non si risponde ancora in maniera adeguata ai reali bisogni dei malati con dolore cronico. Permangono le vecchie barriere culturali che limitano l’accesso ai farmaci oppiacei, spesso a causa di timori ingiustificati”.


“Nonostante i cambiamenti legislativi non si risponde ancora in maniera adeguata ai reali bisogni dei malati con dolore cronico. Permangono le vecchie barriere culturali che limitano l’accesso ai farmaci oppiacei, spesso a causa di timori ingiustificati”. L’allarme è stato rilanciato nei giorni scorsi da Enrico Polati, presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio del dolore, nell’ambito della presentazione alla stampa di un trattamento (l’associazione ossicodone/naloxone al dosaggio massimo di 160/80 mg/die di Mundipharma) approvato dall’European Medicines Agency.

Tali “barriere” non coinvolgono soltanto l’aspetto “culturale” o il timore di effetti collaterali - specie sul settore più promettente e “innocuo”, quello appunto dell’oppioide. L’ulteriore pregiudizio da superare è che la cura del dolore sia semplicemente un “palliativo”, che allevi tuttalpiù i sintomi senza benefici per la cura nel suo complesso. E’ vero l’esatto contrario, tant’è che il dolore obbliga talora gli stessi oncologi a interrompere ad esempio la chemioterapia.

Il concetto è stato poi allargato dalle colonne del New York Times. Il titolo dice già tutto: “Il benessere è la massima priorità”. Gli Stati Uniti hanno un’esperienza più lunga nell’intero ambito della terapia del dolore e delle cure palliative sebbene, per la natura del suo sistema sanitario, non riconoscano di fatto la sostanza del suo “diritto” per i cittadini, come invece formulato dal legislatore italiano nel 2010. Ebbene, da quel più esteso bagaglio di conoscenze e ricerche, emerge che chi si presta a tali terapie (specie nelle fasi iniziali della patologia) non solo ha ottimi esiti in tema di riduzione del dolore e degli effetti depressivi, ma anche ha maggior probabilità di vivere più a lungo, per giunta con minor necessità di trattamenti chemioterapici. Benefici di salute, e perfino di costo, individuale e collettivo.

“L’uso delle terapie contro il dolore non è più un tabù”, ha sottolineato l’anno scorso la ministra Beatrice Lorenzin inviando al Parlamento l'ultimo Rapporto sull'attuazione della stessa Legge 38 del 2010, che documentava in particolare il balzo del 26% nella spesa in farmaci oppiacei nel triennio precedente. Segnali di una svolta che però merita di essere sostenuta, agendo anche verso i pregiudizi.


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