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Italia arretrata sul dolore, ma si muovono i consumatori


La corposa ricerca “Pain in Italy”, presentata nei giorni scorsi a Milano dal Movimento Consumatori assieme al Centro Studi di Mundipharma, rappresenta la denuncia di un grido di dolore, privato e collettivo, che non può più restare senza seguito


Sinceramente non pensavamo che i cittadini fossero così disponibili a confrontarsi con un tema tanto ‘intimo’ come il proprio dolore: segno che si tratta di una problematica di forte attualità, su cui gli italiani hanno desiderio di essere ascoltati e trovare conforto ”. Le parole del Segretario Generale del Movimento Consumatori Alessandro Mostaccio forniscono una sintesi quasi completa del problema nel nostro paese. Dalla sua ampiezza, che configura un’emergenza sociale, al suo trattamento insufficiente e spesso errato.

La corposa ricerca “Pain in Italy”, presentata nei giorni scorsi a Milano dallo stesso Movimento assieme al Centro Studi di Mundipharma, rappresenta la denuncia di un grido di dolore, privato e collettivo, che non può più restare senza seguito a 6 anni dall’innovativa legge 38 che ha sancito il diritto e l'accesso dei pazienti alle cure palliative e alla terapia del dolore nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza.

E' stato considerato un campione di oltre 2200 adulti, tra l'ottobre e il dicembre scorsi, sia attraverso sia la compilazione di un questionario sul sito del Movimento che tramite interviste dirette realizzate da volontari agli sportelli associativi allestiti in otto città, Torino, Milano, Livorno, Roma, Foggia, Andria, Palermo, Caltanissetta. Emerge che quasi la metà degli italiani soffre di un dolore cronico, di lungo termine, e di questi per il 47,5% a livello acuto, in prima causa per una forma di artrosi, seguita dai mal di testa. La conseguenze sono sovente gravissime, e coinvolgono, oltre al benessere psicofisico, anche la vita di relazione e il lavoro. In tale quadro, un paziente su tre non riceve alcun trattamento.

Non meno grave, quattro su dieci si dicono insoddisfatti della terapia, e qui entra in gioco la sua qualità e pertinenza. “ Anche quando il dolore cronico aumenta di intensità, in oltre il 51% dei casi si continua a ricorrere ai farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) – si legge, a dispetto delle linee guida delle autorità regolatorie italiane ed europee in ragione dei loro rischi a livello gastrico e cardiovascolare. - Al contrario gli oppioidi forti, consigliati per il trattamento del dolore sia moderato che severo, sono utilizzati rispettivamente soltanto nel 6,6% e nel 21% dei casi ”.

Eppure “le evidenze scientifiche suggeriscono di trattare il dolore moderato-severo con bassi dosaggi di oppioidi forti, più efficaci e con minori effetti collaterali ”, ricorda il Direttore Struttura Semplice Terapia del Dolore dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona Vittorio Schweiger, lamentando una “situazione italiana ancora preoccupante” e invocando una “sensibilizzazione degli operatori sanitari”. Allarme che si alimenta di ulteriori dati sui medicinali oppiacei a scopo analgesico, raccolti dalla prestigiosa rivista Lancet e ricordati dal general manager di Mundipharma Marco Filippini. “ L’Italia supera di poco le 3.900 Dosi Definite Giornaliere (DDD) per milione di abitanti, contro le oltre 23.300 in Germania e oltre 43.800 negli Stati Uniti ”. A causa del permanere di “barriere culturali”. A danno degli italiani.


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