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Progetto Respiro

Il “potere del respiro” spiegato da un surfista


La “benzina” del nostro corpo è l’ossigeno. “È ovvio, ma quasi tutti ci poniamo mente solo in casi estremi”, e cioè quando il respiro ci manca, a causa di qualche stress o patologia. Ed “è un errore”, e non solo per i nostri polmoni, ma anche “perché aumentare l’immissione di ossigeno prima, durante e dopo lo sforzo fisico permette ai muscoli di spingere di più e più a lungo”.


Si chiama Laird Hamilton, è atleta di grande notorietà negli Stati Uniti, nonché in tutto il mondo tra gli appassionati di surf. Ha oramai 53 anni ma rimane in piena forma, tanto da essere un reputato “blogger” sui temi di educazione fisica, intervistatissimo dalle tv d’oltreoceano. È tuttora il classico “biondone tutto muscoli”, talmente biondo da aver raccontato di aver dovuto affrontare qualche sottile razzismo nella sua infanzia tra le genti più brune delle Hawaii. Figlio di un signore che i surf li costruiva, è diventato tra i più leggendari danzatori delle onde oceaniche, forse il più grande sulle “Big Wave” da quindici metri, per giunta superandoli con una tecnica da lui inventata, il “Tow-in surfing”.

Al di là delle spettacolari imprese, è essenzialmente un ottimo sportivo, che ben conosce i limiti, anche estremi, dello sforzo fisico. E ha ben capito quanto l’esercizio respiratorio sia l’architrave della sua salute e forza fisica, tanto da farne l’oggetto del suo ultimo scritto.

Il dato di partenza è che la “benzina” del nostro corpo è l’ossigeno. “È ovvio, ma quasi tutti ci poniamo mente solo in casi estremi”, e cioè quando il respiro ci manca, a causa di qualche stress o patologia. Ed “è un errore”, e non solo per i nostri polmoni, ma anche “perché aumentare l’immissione di ossigeno prima, durante e dopo lo sforzo fisico permette ai muscoli di spingere di più e più a lungo”.

La tecnica che suggerisce è quella di effettuare prima dell’attività motoria 50 inspirazioni profonde e più rapide espirazioni, il che richiede poco più di un minuto. Poi, durante lo sforzo, ripetere periodicamente l’esercizio per 10 volte. Dopo lo sforzo, si tratta di ripetere la prima fase, il che è un gesto spesso omesso dagli stessi sportivi. Colpevolmente, perché servono ore al nostro corpo per recuperare la normale attività cardiaca e respiratoria, mentre una buona respirazione a fine attività permette di limitare drasticamente i tempi e la qualità del recupero.

Le tecniche di respirazione sono tante, e anche gli specialisti talvolta si dividono in proposito. Lo stesso Hamilton ammette di aver sperimentato solo di recente tale tecnica. Al contempo, però, racconta di iniziare da trent’anni le sue giornate con varie pratiche di yoga, che hanno in comune, tutte – e qui sta il messaggio di fondo - la centralità dell’attività respiratoria. A margine, tra un respiro e l’altro, Hamilton è talmente “personaggio” da aver fatto col suo surf parecchie apparizioni cinematografiche, perfino in uno 007 interpretato da Pierce Brosnan. A margine ulteriore, anche gli attori, forse meglio ancora degli atleti, ben sanno quanto una buona respirazione sia assolutamente essenziale. Al benessere, oltre che alla performance.


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