Dolore, anche i medici devono imparare
Tra i vari aspetti da coltivare affinché il paziente venga realmente e correttamente seguito c’è il nodo della formazione degli addetti ai lavori. L’ultimo passo in tale direzione viene segnalato dalla Regione Lombardia, che annuncia lo stanziamento di 300mila euro a tale scopo.
All’evidenza, non basta una buona legge (la 38 del 2010) e la presenza sul mercato di farmaci globalmente sempre più efficaci ad assicurare la terapia del dolore. Tra i vari aspetti da coltivare affinché il paziente venga realmente e correttamente seguito c’è il nodo della formazione degli addetti ai lavori. L’ultimo passo in tale direzione viene segnalato dalla Regione Lombardia, che annuncia lo stanziamento di 300mila euro per “fornire a ciascuna figura professionale operante nelle Reti di Cure Palliative e in quelle di Terapia del dolore adeguate conoscenze, competenze e abilità”.
Tra medici e infermieri, saranno 2700 i professionisti coinvolti di qui al 2018, in un ambito non limitato agli “specialisti del dolore”. La cifra contempla infatti anche 570 medici di famiglia, oltre a un percorso specifico per “160 formatori in cure palliative” che possano proseguire e monitorare l’effetto pedagogico e terapeutico presso gli operatori sanitari al di là del periodo considerato.
Si tratta di un tassello locale di uno sforzo formativo più ampio in atto su base nazionale, che include tra l’altro quattro Master universitari dedicati e l’offerta di un aggiornamento costante che coinvolge migliaia di medici di base e reti di sostegno, come la “Pinhub”, orientata a dare concreto seguito alla legge citata e a superare le differenze regionali. I risultati non mancano, tant’è che oggi “l’intensità del dolore, ma anche l’efficacia del suo trattamento, sono registrati in cartella clinica e nella scheda di dimissione ospedaliera. Sono state definite tariffe precise per le cure antalgiche a partire dai livelli medi di rimborso rilevati in tutte le Regioni. È stata semplificata la prescrizioni di farmaci antalgici, oppioidi inclusi”, nota tra l’altro lo stesso estensore della normativa, il professor Guido Fanelli.
Tuttavia molto resta da fare, per limitare le gravi discrepanze tra regioni e alzare l’attenzione terapeutica, tant’è che dalla recente indagine “Pain in Italy” promossa dal Movimento Consumatori è emerso che in quasi il 60% dei casi la sofferenza fisica non viene misurata in modo costante. Inoltre, lamenta il direttore dell’unità di terapia del dolore e cure palliative dell’Istituto europeo di oncologia di Milano Vittorio Guardamagna, “è tuttora diffuso l’impiego prolungato di antinfiammatori non steroidei (Fans), che non andrebbero somministrati oltre le tre settimane, per la loro tossicità”, mentre “numerose linee guida indicano gli oppioidi forti (ancora sottoutilizzati) come riferimento per la cura del dolore cronico moderato-severo”. Il direttore generale di Mundipharma Italia Marco Filippini ricorda le cifre: “L’Italia supera di poco le 3.900 dosi definite giornaliere per milione di abitanti, contro le oltre 23.300 in Germania, 20 mila in Austria, 9 mila in Spagna, 6 mila in Francia e oltre 43.800 negli Usa”.
Urge dunque un salto di qualità, nella formazione e nella sensibilizzazione di medici e pazienti. Il dato allarmante di partenza è che il 65% degli italiani neppure sa dell’esistenza della legge sul dolore, con i diritti e doveri terapeutici che essa ha introdotto.
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