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Apnee notturne, pericoli sul lavoro diurno


“La carenza di sonno può renderti meno efficiente sul lavoro. Ma purtroppo ti rende anche molto meno sicuro”. Lo scrive sulla propria homepage, in toni molto “british”, la National Sleep Foundation americana, alludendo peraltro a una “sicurezza” tutt’altro generica. Qui si parla di incidenti sul lavoro. E proprio dagli Stati Uniti, dall’influente rivista “Sleep”, rimbalza una ricerca italiana che rileva la correlazione tra le difficoltà respiratorie notturne e il rischio concreto di seri incidenti lavorativi.


“La carenza di sonno può renderti meno efficiente sul lavoro. Ma purtroppo ti rende anche molto meno sicuro”. Lo scrive sulla propria homepage, in toni molto “british”, la National Sleep Foundation americana, alludendo peraltro a una “sicurezza” tutt’altro generica. Qui si parla di incidenti sul lavoro. E proprio dagli Stati Uniti, dall’influente rivista “Sleep”, rimbalza una ricerca italiana che rileva la correlazione tra le difficoltà respiratorie notturne e il rischio concreto di seri incidenti lavorativi.

Il presupposto di fatto è la drammatica realtà di tali incidenti che, anziché diminuire, hanno ricominciato a incrementarsi, complice il precariato e l’affanno dell’intero mondo economico-occupazionale. Nel 2015, documenta l’Inail, le cosiddette “morti bianche” (terminologia contestata da molti, come se si dovesse “sbianchettare” la tragedia) sono aumentate addirittura del 16% rispetto all’anno precedente. E siamo oramai ai 1200 decessi l’anno, oltre a circa 25mila casi di invalidità permanente.

Per contrastare questa piaga, su cui si sono ripetutamente spesi in appelli pubblici diversi Presidenti della Repubblica, ci sono naturalmente le norme sanitarie preventive (talora contestate da alcuni imprenditori, specie “piccoli”, per gli oneri anche burocratici imposti). Ma c’è un aspetto di cui non si parla mai, sebbene abbia acclarate e decisive conseguenze sulla sicurezza del lavoro, specie in alcuni ambiti, ed è proprio il sonno.

Dall’indagine emerge che ad esso sono attribuibili 250mila infortuni l’anno, 300 morti e 6mila casi di invalidità. Tutt’altro che una “causa secondaria”, dunque. “Il fatto che l'apnea notturna non sia una malattia professionale ha finora distolto dal dare a questa condizione l'attenzione che merita”, commenta Nicola Magnavita, membro dell’apposito gruppo di ricerca, dell’Università Sacro Cuore di Roma. Non mancano i riscontri pregressi all’estero come gli esempi illustri. Secondo uno studio svedese i disturbi del sonno addirittura raddoppiano i rischi di infortunio. Altri ricordano ad esempio il caso dell’incidente nucleare a Chernobyl, cui concorse un errore umano innescato dalla sonnolenza.

Qualcosa comunque si muove. Un progetto del Ministero dei Trasporti – “Osas - Sonnolenza Autotrasporto Salute Sicurezza” prevede lo “screening” di ben diecimila autotrasportatori. Si tratta della categoria per definizione più direttamente coinvolta dal rischio, nonché una delle più sofferenti: l’ultima indagine stima che addirittura il 30% dei lavoratori del settore soffre di apnee ostruttive.


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