Respirare in montagna, i rischi, e soprattutto le potenzialità
Prestare attenzione agli effetti degli sbalzi di altitudine.
Sono in tanti, e sempre di più, quelli che amano la montagna, e asseriscono che essa rappresenti “l’unica vera vacanza” per il corpo oltre che per lo spirito, specie nei tempi estivi delle alte temperature. Ai fatti, sono sensazioni fondate e riconosciute anche dalla ricerca scientifica, sebbene permangano alcune cautele, che è bene tener presente, specialmente per i soggetti a rischio.
I disturbi possibili di un balzo di quota sono stati ricapitolati, ad esempio, in un articolo ferragostano de La Stampa. “Leggeri giramenti di testa, difficoltà nella respirazione, nausea o vomito, mal di testa e stanchezza generale”, fattori legati alla diminuzione della pressione atmosferica che mette sotto pressione anzitutto il nostro sistema respiratorio e cardiaco, chiamato a ripristinare rapidamente l’ossigenazione del corpo.
Insomma il corpo deve adeguarsi, attivare le corrette compensazioni, tanto da consigliare agli alpinisti di non esagerare con gli sbalzi ed evitare gli sforzi eccessivi nei primi giorni, pena il rischio di “dispnea e ipossiemia gravi”, nonché di “edema cerebrale”. Ma al di là dei grandi appassionati del podismo in quota e delle scalate, l’allerta riguarda anzitutto “chi soffre di problemi polmonari, cardiaci e neurologici, o di pressione alta”. Deve fare attenzione, e nei casi più gravi consultare il medico prima di salire, perché il cambio di pressione può essere difficile da assorbire, a dispetto delle percezioni “salutari” di chi va lassù.
Detto delle cautele e dei possibili disturbi, la sensazione di benessere infusa dalla montagna resta fondatissima. L’ultima conferma in proposito arriva da una ricerca dell’Università della Navarra (ricerca del resto “interessata”, essendo una regione pirenaica), pubblicata sulla rivista Frontiers in Physiology, con riferimento alla “sindrome metabolica”, un insieme di comorbidità – quali l’obesità, l’iperglicemia e l’ipertensione – che determinano alti rischi di problemi cardiovascolari e diabete.
I ricercatori spagnoli hanno quindi seguito quasi 7000 volontari, inizialmente sani, nell’arco di 10 anni, al termine dei quali sono stati riscontrati 462 casi di tali problematiche. Ebbene, confrontando i dati sulla residenza geografica degli uni e degli altri è emersa una differenza significativa di rischio, a seconda dell’altitudine. Chi vive sopra i 456 metri ha un rischio diminuito del 13% rispetto a chi vive al di sotto dei 124, e la ragione sarebbe proprio nella diminuzione della concentrazione di ossigeno che attiverebbe meccanismi compensatori ormonali coinvolti nella digestione. Insomma, una volta di più, la montagna fa bene, e non solo all’apparato respiratorio, purché si evitino i cambi di altitudine troppo repentini.
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